“Quando ci siamo conosciuti si pensava che sarei ripartita per un nuovo viaggio ed una sera ti avevo chiesto se mi avresti voluto ancora bene, una volta partita. Tu mi avevi risposto che, a compensazione della distanza, me ne avresti voluto di più.
Alla fine non ero più partita, forse per quella tua risposta, forse perchè Bergamo insieme a te aveva un’aria improvvisamente interessante, forse perché ho scoperto che amarti è come essere sempre in viaggio e che guardare le cose che crescono porta con sé una grande dolcezza.
Sono rimasta con te per la curiosità crescente di conoscerti e, anche se allora non lo sapevo, rimanendo con te ho cominciato a viaggiare sul serio. É successo così, è stato incontrandoti che ho sentito di voler restare a godermi la bellezza delle relazioni e che per una tale bellezza sarei stata in grado di accettare anche un po’ di sofferenza. É successo così: mi sono innamorata di te una notte a Torino che ballavi con i tuoi amici, una sera che guardavamo Gattaka sul divano, un pomeriggio sul Tidone quando hai preso in mano delicatamente una ranocchietta. Una sera che, appena uscito dallo studio, ancora con giacca, cravatta e valigetta, mi hai presa per mano e mi hai fatta correre a perdifiato sotto i portici del Sentierone. L’amore per te mi ha resa permeabile, mi ha tolto maschere, schermi, corazze. È successo così, grazie a quello che provo per te, che ho scoperto quanto possono essere meravigliosi gli incontri, è stato così che ho lasciato che l’amore si impossessasse di me, che mi pungesse, che mi cambiasse, facendomi sentire tutta la pienezza dei primi passi di Maria, dei primi compiti di Denis, di un pomeriggio con Giulia, e le piccole abitudini di mio padre, di una chiacchierata con mia madre.
Non è stato semplice, anzi all’inizio testardi come eravamo é stata proprio una sfida stare insieme. Ma l’abbiamo vinta e le sfide hanno pure cominciato a piacerci: dipingere casa nei momenti liberi dal lavoro, arredarla, fare le pulizie e la spesa, vivere insieme anche nei giorni di nervosismo, quelli in cui in ufficio non è andata bene o quelli in cui le nostre opinioni sembrano inconciliabili.
Abbiamo vinto anche queste sfide: abbiamo sconfitto le formiche di casa, cambiato il termostato e la macchina, chiamato l’elettricista per il quadro elettrico che faceva le bizze, e abbiamo ospitato gli Australiani dividendo le gioie e le fatiche di questa nuova avventura. E sul filo dei giorni, facendo tutte queste cose, abbiamo imparato la fiducia, quando parlare e quando stare in silenzio, quando chiedere e quando aspettare e guardare le cose che crescono.
Tu sei i miei giorni di lavoro e i miei giorni di festa ed io voglio imparare a cucinare il tuo piatto preferito, voglio comprarti la tachipirina quando avrai la febbre, sentirti parlare nel sonno come se fossi in udienza e scoprire se tra 40 o 50 anni mi farai ancora l’imitazione dei Tedeschi dei Russi.
Voglio sapere tutte quelle cose che si conoscono solo da molto, molto vicino.
Ti prometto che delle tue faccende riservate di lavoro non parlerò mai con nessuno, ti prometto che quando invecchierai ti troverò sempre e comunque bellissimo, ti prometto che ti ascolterò sempre profondamente e che quando sarò infuriata sarà solo perché non riesco a trovare la via per tornati vicina. Ti prometto che non smetterò mai di cercare quella via. Continuerò sempre a pretendere il meglio di te ed il meglio di me, ma se un giorno dare il meglio di noi sembrerà troppo difficile, quanto a me farò un bel respiro e ci proverò di nuovo. Finché ci riuscirò, finché ci riusciremo. Tanto di tempo ce n’è perché ti prometto che starò con te tutto il tempo della mia vita.”
(Discorso di Elisa, la sposa, rivolto a Marco, il suo sposo)
Photo: Devid Rotasperti