Ritengo l’eleganza una delle qualità più preziose al mondo.
È una linea sottile, un modo d’essere e di porsi, una capacità linguistica che è segno di portamento morale. L’eleganza non è sfoggio, appariscenza, griffe ad ogni costo. Questo, caso mai, è il lusso. Ma lusso ed eleganza non sono necessariamente legate, perchè hanno una differenza alla base: il primo si acquista, la seconda no.
L’eleganza non è in vendita.
Non conosce i saldi, non si compra con la carta di credito nemmeno se è d’oro.
L’eleganza si acquisisce, si interiorizza con un esercizio costante. Si fa propria nel momento in cui si ha una finezza d’animo, un portamento elegante, un vocabolario gentile.
Recentemente, uno sposo mi ha chiesto se potevo “porgerli il fazzoletto con le cifre”.
Ho avuto un istante d’esitazione, prima di collegare la parola “cifre” alle iniziali cucite sul fazzoletto. Poi, mi sono cullata dentro a quel suono composto da sole cinque lettere, che però sanno fare la differenza. Che vocabolo elegante! Che finezza, ho pensato. Poi è arrivato il sacerdote e insieme i due hanno dialogato a lungo, seduti su comode poltrone. Toni pacati, vocaboli posati, modi d’un tempo. Nessun termine eccessivo, nessuna volgarità gratuita. Il dialogo è stato sapientemente cucito tenendo lontano vocaboli che richiamassero gli organi maschili e femminili.
Li avrei ascoltati per ore.
Che bellezza l’eleganza! Che fascino, che attrazione. Che voglia di essere così puliti e alti nel linguaggio. Passiamo metà della nostra esistenza a parlare degli organi genitali, pronunciando frasi in cui l’elemento più elegante è il punto esclamativo.
Aborigeni del linguaggio, ecco cosa siamo! E mi ci metto dentro anch’io, con tutta la mia incapacità di essere una ragazza per bene e il mio vocabolario colorito non ometto mai nemmeno nei libri che scrivo.
Però c’è un limite a tutto.
Ieri ho discusso con un amico, a questo proposito. Alla fine della discussione, mi ha risposto: “Oh cazzo, ma che minchia vuoi? Io parlo come cazzo mi pare! Non sono mica un coglione!”
Il vocabolario italiano ridotto a tre parole; cazzo, minchia e vaffanculo…
Si è così tristemente chiusa un’amicizia, ma visto che la domanda che mi rivolgeva quando non lo ascoltavo era: “Mi caghi?”, probabilmente mi sono liberata di un escremento.
Ad una persona elegante io do credito a prescindere. Non so se sia giusto o sbagliato, ma trovo in questi esseri un magnetismo unico. È come guardare i film in bianco e nero degli anni Quaranta, con le atmosfere equilibrate e i vocaboli misurati anche davanti ad una tragedia.
Che finezza, l’eleganza! Mi colpisce e mi fa sua, nonostante il mio animo da pirata.
Io che non sono mai stata delicata, che non mi sono mai sentita una principessa, che non ho mai avuto modo, che ho sempre gridato per far valere le mie ragioni rimango letteralmente disarmata davanti all’eleganza. La trovo, indiscutibilmente, una grande arma, una grande forza per farsi apprezzare e accettare. Sono rimasta colpita dal gesto di un direttore, che ha inviato un mazzo di fiori alla famiglia che lo aveva ospitato a cena la sera precedente. Ho guardato con stupore il biglietto di ringraziamento di una giovane coppia, stampato con i nomi di lui e lei in corsivo inglese. Ho ammirato il linguaggio di un’amica che doveva difendersi dalle false accuse di una donna invidiosa. Davanti all’affronto più grande, ha semplicemente risposto: “Non importa che tu mi abbia ferito! Certo, è da queste situazioni che si misura una persona…”
Io, che ero lì ad assistere alla scena, ho visto l’altra restare zitta. Linguaggio pulito, il tono calmo, non una sola sbavatura: uccisa, senza una sola offesa diretta.
Che forza espressiva l’eleganza!
Che capacità di valicare il tempo quando si trasforma in un abito dalle linee perfette, in un libro che sa parlare al lettore mantenendo un certo stile!
Torniamo all’eleganza, vi prego.
Torniamo alla capacità di dialogo misurato, ai dibattiti intelligenti, allo stile nella scrittura, alla pronuncia ben fatta, all’eleganza dei termini, alla grazia delle espressioni.
Torniamo a movimenti composti, ai jeans che coprono le mutande, alla delicatezza nel porsi, all’abbassare i toni.
Torniamo al massimo dello splendore. Con quella capacità di cucire la Bellezza ogni dove, che appartiene solo e soltanto a chi sa fare della grazia una virtù e dell’eleganza uno stile di vita indispensabile.